mercoledì 29 settembre 2010

Coniugazione dei verbi nel finlandese parlato

Nei corsi di finlandese per stranieri si insegna che i verbi possono essere suddivisi in 6 categoria. Ogni tipo ha un modello di coniugazione diverso.
A parte qualche eccezione, la suddivisione in gruppi risulta essere di grande aiuto nella fase iniziale di apprendimento della lingua.
Le cose si complicano quando si passa ad un registro colloquiale vicino al linguaggio parlato quotidianamente o presente nei testi delle canzoni di musica leggera.

Prendiamo per esempio il presente del verbo sapere, in finlandese tietää.

kirjakielipuhekieli
minä tiedänmä tiiä(n)/tiedä(n)
sinä tiedätsä tiiät/tiedät
hän tietääse tietää
me tiedämmeme tiietää(n)/tiedetää(n)
te tiedättete tiiätte/tiedätte
he tietävätne tietää

Per il presente del verbo tarvita (aver bisogno) mi capita di sentire due forme colloquiali diverse

kirjakielipuhekielipuhekieli
minä tarvitsenmä tarvii(n)mä tartten
sinä tarvitsetsä tarviitsä tarttet
hän tarvitseese tarviise tarttee
me tarvitsemmeme tarvitaa(n)me tarttetaa(n)
te tarvitsettete tarviittete tarttette
he tarvitsevatne tarviine tarttee

Da evidenziare come nel finlandese parlato per riferirsi ad una persona si usano i pronomi se (terza persona singolare) e ne (plurale) utilizzati nella lingua ufficiale per riferirsi ad animali, oggetti e entità astratte. Inoltre le terze persone si coniugano allo stesso modo.

Un'altra caratteristicha comune è l'utilizzo della forma passiva del verbo per la seconda persona plurale.

domenica 26 settembre 2010

Attronimi finlandesi

In finlandese si dice "nimi on enne". Presso gli antichi Romani si ripeteva nomen omen ovvero il nome è un presagio.

L'articolo sugli attronimi pubblicato su Terminologia etc mi ha offerto uno spunto per cercare alcuni attronimi finlandesi.

Tra quelli conosciuti troviamo Arno Kasvi (pianta) che lavora come giardiniere.
Potrebbe essere considerato un attronimo quello relativo Jyrki Kasvi politico e parlamentare finlandese dei Verdi.

Nella carta stampata c'era il giornalista Leo Lehdistö (stampa).

Presenta le previsioni del tempo sun un canale televisivo il meteorologo Pekka Pouta.
In finlandese pouta indica il tempo asciutto,secco ideale per attività all'aria aperta.

Sempre in campo scientifico troviamo Juhani Lokki (gabbiano), biologo, docente universitario, autore di diverse pubblicazioni sui volatili finlandesi e il botanico Seppo Vuokko (anemone).

Altri esempi in questo articolo di Aamulehti.

mercoledì 22 settembre 2010

Come si chiamano gli abitanti di Minkiö?

1) I cittadini di Lieto sono felici?
2) Come si chiamano gli abitanti di Minkiö?
3) Come sono gli uomini di Polso?
4) E le donne di Kaarina?
4) Ci si accoccola a Kokkola?
5) Sapevate che Babbo Natale abita non lontano da Pisa?
6) Come si chiamano gli abitanti di Piikkiö?
7) Cosa ci fa un Somero in Finlendia?

sabato 18 settembre 2010

Errori di lingua più comuni nei dialetti meridionali

Era questo il titolo di un libro pubblicato quasi un secolo fa. Delle brevi letture indirizzate agli alunni delle scuole inferiori del Mezzogiorno.
Nella prefazione l'autore scrive:

Non è questa una di quelle raccolte di modi errati che, al pari dei dizionari dialettali, i ragazzi amano poco e non consultano mai: ma sì bene un'esposizione semplice e ragionata dei più comuni errori in una forma così varia, che io penso debba adescare facilmente i giovanetti ai quali è indirizzata.
Chi ha esperienza della scuola, sa che gli alunni rifuggono da ogni studio che sia prettamente grammaticale come da cosa fredda, che non parla affatto alla loro fantasia.

Scorrendo l'elenco delle letture è evidente che molti degli errori segnalati sono ancora oggi diffusi e in qualche caso anche utilizzati nei messaggi promozionali per pubbilicizzare prodotti tipicamente italiani.

Per esempio l'autore sottolinea che sono errate espressioni come tengo fame, tiene molti danari, tengo sonno, tengo desiderio, tengo volontà, tengo invidia, tengo odio. Al verbo tenere deve essere sostituito il verbo avere.

Cosa penserebbe oggi l'autore di questa raccolta vedendo un famoso attore francese che pubblicizza una passata di pomodoro con la frase "Tengo 'o core italiano"?

In queso caso l'uso dell'espressione dialettale veicola meglio il messaggio. Se fosse stato utilizzato il verbo avere probabilmente il messaggio non avrebbe avuto la stessa efficacia comunicativa.

Seguono esempi di altri errori segnalati nel libro (pubblicato nel 1913):

Ritirarsi
L'espressione dialettale "ritirarsi" viene utilizzata erroneamente per indicare l'azione del rincasare. Sarebbe più corretto dire "ritirarsi in casa" aggiungendo quindi il complemento di luogo. Non è corretto anche dire "quella casa ha una ritirata sicura" intendendo che la strada per cui si rincasa offre sicurezza dai ladri e dai malfattori.


Pittare
Il verbo pittare è un termine dialettale non esiste nei dizionari di italiano. Il verbo corretto è dipingere. Ricordo che effettivamente che sentivo usare sempre il verbo pittare: pittare le pareti, pittarsi le unghie, pittarsi la faccia. L'imbianchino era infatti chiamato pittore.


L'uso del congiuntivo
Si tendeva ad utilizzare espressioni del tipo "credevo che partiva" in luogo di "credevo che partisse". Il congiuntivo è stata e sarà sempre croce e delizia della lingua italiana.

Alla casa
E' comune del sud Italia sentire espressioni del tipo "sono andato alla casa di Caio" oppure "vengo dalla casa di Tizio". L'autore scrive che correttamente si deve dire "sono andata alla casa", "vengo da casa".

Sta venendo
La locuzione "sta venendo" è una contraddizione in termini in quanto "sta" indica quiete mentre "venendo" esprime movimento, azione. Si devono utilizzare forme qualo "Ora viene", "È già in cammino" e simili.

L'ho rimasto a casa.
Si dovrebbe dire "l'ho lasciato a casa" in quanto il verbo rimanere è intransitivo e significa restare. Il verbo rimanere non può essere usato transitivamente


Pensate che questi errori siano comuni ancora oggi nei dialetti del Mezzogiorno?


Sarebbe interessante a questo punto stilare una lista degli errori più comuni dei dialetti settentrionali. Qualcuno avrebbe segnalazioni in merito?

Concludo con un pensiero di Orazio segnalato nel libro secondo cui tutte le parole son buone, se vorrà l'uso.

venerdì 10 settembre 2010

Mente aperta e dewarismo

Oggi mi è tornato in mente un famoso aforisma attribuito a Thomas Dewar che recita:
Minds are like parachutes: they only function when they're open

Imprenditore di successo, Tommy Dewar pensò bene di promuovere il whisky di produzione propria attraverso un giro del mondo che in due anni avrebbe toccato 26 paesi.
Sembra che il viaggio fosse motivato anche da problemi di salute. Le impressioni e i resoconti del viaggio sono stati raccolti nel libro A Ramble Round the Globe.
L'idea del viaggio si rivelò vincente. Quello che fino ad allora era una distilleria a produzione locale, cominciò ad affermarsi anche al di fuori dei confini scozzesi.

Tommy Dewar ha anche raccolto una serie di massime e pensieri che stanno alla base della sua filosofia di vita nota come Dewarism(o).

Secondo il pensiero dewarista il successo non si ottiene necessariamente con il duro lavoro. Non si deve mai tornare sui propri passi lungo la strada per il successo. Si può arretrare di qualche passo, fare una sosta, ma mai voltarsi indietro.

Dewar sembra suggerire che i traguardi lungo il percorso della nostra vita possono essere raggiunti senza compromettere la gioia e il piacere della passeggiata.

Qui trovate una serie massime e osservazioni a lui attribuite.
Dovendo sceglierne un paio (oltre a quella citata in precedenza) punterei sulle seguenti:

- The pause is a part of the walk.
- Go ahead, look around.

mercoledì 1 settembre 2010

Caratare

Questa volta tocca al verbo caratare, pesare con i carati.

Il vocabolario Treccani riporta due definizioni alla voce caratare.
La prima,usata in ambito scientifico, recita:
esaminare un metallo per stabilire quanti carati di metallo puro contiene ogni oncia
L'altra, in disuso, fa riferimento alla stima il valore dei beni ai fini fiscali.
Tornando indietro nel tempo si scopre che caratare una persona significava esaminarla minutamente per giudicarla.
Caratare era usato anche nell'accezione di criticare, tagliare i panni addosso a qualcuno.